Una comune responsabilità, per sperare
Quando scrisse (nell’ottobre del 1900) la poesia che trascrivo qui sotto, Rilke si trovava a Berlino e aveva venticinque anni. Negli ultimi dieci anni della sua vita non aveva fatto che viaggiare: Boemia, Austria, Germania, i tre paesi di riferimento della sua famiglia, e poi Italia, Francia, Russia (qui a fianco è ritratto in uno schizzo dell’artista Leonid Pasternak conosciuto proprio nel primo dei suoi viaggi in Russia) e altri posti ancora.
Bisogna pensare che proprio questo suo continuo contatto con tanti Paesi diversi e con tante persone diverse (alcune delle quali erano già, come Tolstoj, o sarebbero state in seguito tra i protagonisti della cultura europea e mondiale) lo avesse indotto, anche a causa della sua straordinaria sensibilità, a sentire una responsabilità universale, verso tutto il mondo e verso tutti i viventi nel mondo. La sorte di tutti i viventi lo riguarda. E lui non si sottrae: accetta di sostenere questo peso sulle spalle: quasi assumendo i contorni di una figura cristologica.
Nei giorni scorsi ho letto un testo che non ha nulla a che vedere con questo di Rilke: è un editoriale di Enzo Bianchi, monaco laico fondatore della comunità di Bose (in provincia di Torino). Questo editoriale ha come titolo Si può sperare solo insieme e si conclude con un appello alla speranza che è anche un appello alla responsabilità comune, alla solidarietà:
Rinasca la solidarietà tra tutti noi appartenenti a un’unica umanità, una solidarietà tra generazioni e popolazioni diverse. Così sapremo impegnarci per affrontare a livello globale i problemi che opprimono l’umanità: cambiamenti climatici, guerre, migrazioni, violazioni dei diritti umani… Si tratta di sperare contro ogni speranza: ma si può sperare solo “insieme”, mai da soli, mai senza l’altro.
Credo che da questi due testi si possa trarre, al di là della volontà dei loro autori così diversi, un significato affine: solo se avremo una comune responsabilità nei confronti del mondo e di coloro che ci vivono, potremo sperare.
È quello che auguro, di tutto cuore, per il 2020 e per gli anni a venire, ai lettori di questo blog.
Rainer Maria Rilke, Ernste Stunde (in: Buch der Bilder), 1902
Wer jetzt weint irgendwo in der Welt,
ohne Grund weint in der Welt,
weint über mich.
Wer jetzt lacht irgendwo in der Nacht,
ohne Grund lacht in der Nacht,
lacht mich aus.
Wer jetzt geht irgendwo in der Welt,
ohne Grund geht in der Welt,
geht zu mir.
Wer jetzt stirbt irgendwo in der Welt,
ohne Grund stirbt in der Welt:
sieht mich an.
Traduzione di Michele Tortorici, Ora grave (in: Il cuore in tasca, Manni, 2016)
Chi adesso piange da qualche parte nel mondo,
senza ragione piange nel mondo,
è per me che piange.
Chi adesso ride da qualche parte nella notte,
senza ragione ride nella notte,
è di me che ride.
Chi adesso cammina da qualche parte nel mondo,
senza ragione cammina nel mondo,
è verso di me che cammina.
Chi adesso muore da qualche parte nel mondo,
senza ragione muore nel mondo,
è lui che mi riguarda.