Auguri

Se provassimo ad ascoltare quello che la natura ci dice?

Piante di lentisco, con la caratteristica forma a cupola

Chi ha anche soltanto sfogliato uno dei miei libri di versi sa benissimo che io seguo da sempre con attenzione e con amore la vita delle piante. Quando ho pubblicato la raccolta Piante del mio giardino (Campanotto, 2018), nella Premessa, ho scritto: «Tutti quelli che mi conoscono sanno che io parlo con le mie piante. Penso che la giudichino una piccola stravaganza, ma che l’accettino senza problemi forse perché sanno che, comunque, non nuoce». In effetti, chiacchierare con le piante non nuoce: anzi, è utile soprattutto se, tra una conversazione e l’altra, si ascoltano le comunicazioni che le piante stesse scambiano tra loro e con l’ambiente circostante.

Un “dammuso” a Pantelleria

È talmente utile che, pur se storicamente non documentata – gli storici hanno altro a cui pensare –, questa è stata probabilmente un’occupazione non banale dell’umanità per gran parte della sua esistenza su questa terra, approssimativamente, da qualche centinaio di migliaia di anni fa a circa due o trecento anni fa: un bel po’ di tempo.
Tra le altre, le piante di lentisco ci dicono molto con la loro stessa forma. Basta guardarle, anche mentre si va di fretta in macchina lungo una via litoranea. Non ci vuole molto a capire la cosa semplice che vogliono comunicarci: quanto è bello ascoltare ciò che dice il vento, ciò che dice il mare!
E se anche noi provassimo ad ascoltare quello che la natura ci dice? Evito di rispondere con formule “catastrofiste”. Dico soltanto che, se ci provassimo, potremmo riuscire a evitare parecchi guai.

Michele Tortorici
Le piante di lentisco (da Il cuore in tasca, Manni, 2016)


Le piante di lentisco crescono a schiere lungo i litorali,
spesso disposte in fila lungo la strada, e brillano,
in primavera soprattutto, per le foglie
lucide e dure che hanno. Certo che le avete viste anche se non sapete
magari come si chiamano. Bene. Prendono
le piante di lentisco, dovunque capiti loro di crescere, le forme
che stabilisce il vento e assomigliano
di solito a cupole verdi, asimmetriche, disposte
una a fianco dell’altra sul terreno: già questo è il punto. Il punto
è che queste cupole non hanno
sotto di sé edifici
che le sorreggano o ai quali possano loro, in qualche modo essere
opportunamente di copertura. Ecco, non tanto cupole
sembrano, piuttosto – come mai, mi domando,
non ci ho pensato prima? – assomigliano ai dammusi: quelli
che si vedono sorgere
anch’essi, proprio allo stesso modo, dalla terra, sull’isola
di Pantelleria. Sono costruzioni,
i dammusi, di lontanissima origine, di un tempo, forse, nel quale
anche l’uomo seguiva, nel disporre
le pietre, quello che a lui diceva il vento,
quello che a lui diceva il mare, avvertimenti
proferiti in una lingua
che, in quel tempo, diligentemente ascoltata, veniva
senza nessuna difficoltà compresa. E le piante
di lentisco questo
fanno: diligentemente
ascoltano, di giorno in giorno
e poi di notte in notte, quello che dicono
il mare e il vento e volentieri accettano
una ubbidienza nella quale non vedono
sottomissione, ma che considerano piuttosto un utile,
e perciò assennato, partecipare alla discorde concordia che è perenne
alimento del divenire.


Auguro a tutti un anno durante il quale gioiosamente partecipare alla «discorde concordia che è perenne / alimento del divenire»: proprio come fanno le piante di lentisco; naturalmente, con in più la razionale consapevolezza che dovrebbe essere propria di noi umani.

Buon 2021!