Da quanto tempo lavoro con la parola? Non so neppure fare i conti, ma certamente da più di mezzo secolo. Sarà per questo che considero la libertà di espressione come la libertà tout court.
Oggi l’esercizio di questa libertà è stato impedito, con l’assassinio, a coloro che posso considerare miei vicini di casa, miei amici, miei fratelli. Miei fratelli, sì. Di fronte alla notizia della strage di Parigi, di una strage a due passi da noi, io non mi metto certo a sottilizzare sul tipo di satira di “Charlie Hebdo”, come tanti hanno fatto in queste ore sui social network succubi dell’inconscio bisogno di sentirsi immuni dalla violenza per il fatto di supporre che altri se la siano meritata, anzi – come ho letto con profondo sconcerto – che se la siano «andata a cercare». Io non sottilizzo perché sento forte e scura un’ombra di lutto posarsi su quello che faccio tutti i giorni: leggere e scrivere. Per questo metto un nastro a lutto su questa pagina del mio blog.
Che cosa potrò leggere e che cosa potrò scrivere domani? Se fossi capace di fare satira (che invece non è proprio nelle mie corde), mi verrebbe voglia di “andarmela a cercare”. Anche per questo, oggi io sono meno libero di ieri. Ci sono quelli che, per punire i colpevoli di questo misfatto e per evitare altri misfatti come questo, sono disposti a rinunciare ai principi sui quali si fonda il vivere civile dell’Europa, il loro, il nostro vivere civile. Anche per questo, tutti siamo meno liberi di ieri.
Al vivere civile dell’Europa, ai valori della democrazia e della pace che in questo vivere si incarnano e che sono il risultato prezioso di un percorso plurimillenario, a volte dolorosissimo, io non rinuncerò. Agli assassini dico: fermatevi. A chi può farlo dico: fermateli. Ma continuerò comunque ad affermare il mio credo civile, anche se questo (in un domani che mi auguro non appartenga all’orizzonte della storia) volesse dire “andarmela a cercare”. Al lutto della libertà io rispondo con la ricerca di una nuova vita della libertà.