La novella di Verga Cavalleria rusticana (qui il testo completo) è una storia piena di disonore; è la storia di un quadruplice tradimento.
Turiddu, uno di quelli che vorrebbe «fare il bravo» («bravo» nel senso manzoniano del termine») ma non ne ha il coraggio, tornato dal servizio militare, scopre che la sua vecchia fidanzata, Lola, sta per sposare il carrettiere Alfio. Piuttosto che affrontare il rivale, per farle dispetto – ecco il primo tradimento – si mette a corteggiare un’altra ragazza, Santa, fino a farla innamorare.
Nel frattempo Lola, a sua volta ingelosita, benché abbia effettivamente sposato Alfio, cerca – ed ecco il secondo tradimento – di riprendersi Turiddu.
E quest’ultimo – ecco il terzo tradimento -, dimenticata Santa, cede alla rinnovata seduzione di Lola.
Sarà infine Santa a far precipitare gli eventi con un quarto tradimento: avverte infatti Alfio della relazione di Lola e Turiddu e causa il duello rusticano durante il quale, nel giorno di Pasqua, Turiddu, infine, viene ucciso senza poter «profferire nemmeno: “Ah, mamma mia!”», come scrive, in conclusione della novella, il Verga.
Soltanto nella riduzione del testo verghiano a libretto dell’opera di Mascagni (riduzione di G. Targioni Tozzetti e G. Menasci: qui in una pagina dell’archivio della Stanford University), compare quella che è diventata poi una delle frasi più famose dell’intera storia: la maledizione «A te la mala Pasqua» lanciata da Santa a Turiddu.
In tutti e due i testi ciascuno dei personaggi agisce in nome del disonore: pensa a sé e al piccolo cerchio del proprio sentimento e, in nome di questo, è disposto a tradire o, come Alfio, a servirsi di chi tradisce e a essere sleale pur di vincere il duello. Un concentrato di disonore che non lascia scampo.
Anche questa nostra Pasqua è piena di disonore.
Un ministro degli esteri del governo in carica che manca alla parola data in sede internazionale (anche se poi è costretto a ripensarci, ma intanto si guadagna l’ammirazione incondizionata della destra più svergognata del mondo); il “capo” del secondo partito italiano, il Movimento 5S, che si lava le mani da tutto e aspetta sulla riva del fiume di vedere passare il cadavere del paese che odia (il suo!), trascinato dalla corrente; un ex presidente del consiglio accusato da un reo confesso e da altri testimoni di aver comprato i voti per far cadere il governo guidato dal suo avversario politico.
Queste sono alcune delle ferite più recenti che segnano il volto dell’Italia del disonore. Sarebbe troppo lungo enumerarle tutte. Ma va almeno segnalata, tra le altre ferite, la non sempre taciuta vicinanza con posizioni razziste e antisemite di esponenti di Pdl, Lega e M5S: una vicinanza dovuta (e non sai quale delle due ragioni sia la peggiore) alla ricerca di qualche voto in più o a sincera convinzione.
Verrebbe da dire: se questa è l’Italia che piace agli italiani, che se la tengano.
Ma io non la penso così. Penso che gli italiani, che pure sono confusi e – perché non riconoscerlo? – attratti da promesse populiste e da messaggi di rigenerazione palingenetica, possano ancora tornare a ragionare sul bene del paese: se non hanno in testa anche loro (qualcuno ce ne sarà, ma non tutti!) una qualche forma di tradimento, se non odiano il loro stesso paese fino a voler cadere con esso per la gioia di chi aspetta sulla riva del fiume, se non vogliono servirsene per scamparla dalle loro malefatte.
Penso che gli italiani abbiano bisogno di un semplice e chiaro messaggio di verità e di speranza: poche cose da fare – da poter fare sul serio – per il «bene comune» (una volta si diceva così, non è vero?).
Non sono un politico. Ho in testa tre grandi obiettivi: sapere, energia, lavoro (non ultimo obiettivo, ma necessaria conseguenza dell’intervento sugli altri due). Naturalmente, altri più esperti di me avranno in testa altri campi di azione e di decisione. Se è così, lo dicano. Lo dicano presto. Al Parlamento o agli elettori; meglio ancora all’uno – se ve ne sarà la possibilità – e agli altri. L’Italia aspetta: l’Italia dei milioni di cittadini che, con onore, tutti i giorni fanno il loro dovere.
È in nome di questa Italia di cittadini onorati che ai mestieranti del disonore io dico «A voi la mala Pasqua».