La mente irretita

Tra il 2003 e il 2007 ho scritto tre gruppi di poesie già piuttosto strutturati nella mia testa. Uno riguardava il mio rapporto con l’isola di Favignana, terra dei miei avi e luogo dei miei ritorni annuali, ogni mese di agosto. Un altro riguardava il mio rapporto con il tempo, con il passare dei giorni, con il sedimentarsi degli affetti e dei valori. Un terzo gruppo riguardava il mio rapporto con le città, quella dove lavoro, Roma, e quelle dove vado, ancora per lavoro oppure per svago.
I versi che avevo scritto in precedenza su questi temi avevano un che di definitivo, di “detto una volta per tutte” e per questo ho deciso che non li avrei pubblicati (solo due o tre delle poesie scritte in precedenza, in ogni caso non prima del 2002, sono poi entrate a far parte del libro, ma con profonde modifiche). In quelli che andavo scrivendo c’erano invece tutti i dubbi di un percorso che nemmeno a me stesso era chiaro nelle sue mete e che, invece, mi piaceva proprio per se stesso, per il cammino che vi facevo e che scoprivo via via.
I tre gruppi di poesie sono poi diventati ne La mente irretita le tre sezioni del libro, La vita dell’Isola, Come ogni giorno e Fermate di città.

«Mano a mano che ci si inoltra nell’itinerario che la delimita – scrive Mario Lunetta nella Presentazione -, questa raccolta poetica di Michele Tortorici deposita il suo respiro lirico per accostarsi a un plateau di inclinazione prosastica, ragionativa, riflessiva: una piattaforma discretamente mobile (anche nel senso della discrezione) che non affabula più né si abbandona al distillato della memoria, ma si direbbe agglùtini in una griglia sintattica di pacata consistenza una quantità di elementi di vissuto, di prospettive intellettuali, di relazioni: per rilevarne, infine, la caducità […].
La poesia di Tortorici si nutre di due sources fondamentali: da una parte la campagna/paesaggio e il mare/paesaggio, dall’altra le città , con al centro Roma. Dalla mutevolezza in qualche misura immobile della campagna e della casa che vi abita in certi periodi dell’anno, il poeta trae le sue myricae, peraltro senza nessuna suggestione pascoliana, semmai con la memoria attenuata di certe aspre tinte montaliane. […] È piuttosto il rapporto con la realtà urbana che prende toni di drammatica alienazione. È la città il vero inferno dell’oggi, e in essa si determina la perdita dell’identità dell’individuo. È una sfida inevitabile, e Tortorici non vi si sottrae. Cosi egli si vive come animale metropolitano non solo nella sua Roma, ma nei flashes molto vividi scattati su Bologna, Venezia, New York: luoghi davvero di un passaggio esistenziale non turistico ma sempre carico di coscienza del tempo». Dalla Presentazione di Mario Lunetta (che si può prelevare qui).

Il libro è uscito ad aprile del 2008 e il 12 maggio è stato presentato alla Fiera del Libro di Torino da Cinzia BURZIO e Cristina MEGALIZZI.