Il mio mare, le mie piante, le mie città, le mie parole, i miei sentimenti di amore e di amicizia, i miei incontri, la mia cocciutaggine nel sentirmi essere umano, terreno, terrestre, vecchio cliente di quel locale di quart’ordine che è «l’osteria della terra». Questo e altro c’è nel mio libro Viaggio all’osteria della terra. Un percorso complicato dalla ricerca di spiegazioni, di storie, di origini, ma semplificato dalla consapevolezza del limite, anzi dalla certezza che il limite mi è proprio, è la mia proprietà di uomo, la mia caratteristica particolare. Niente voli, dunque. All’«osteria della terra» si va a piedi. O a nuoto: per me fa lo stesso.
Non credo che siano necessarie altre parole per descrivere un libro che invece ne contiene molte. Perché è un libro che mi è cresciuto tra le mani mentre lo scrivevo, anzi, a causa della necessità che avevo di scriverlo.A Mario Lunetta, della cui cortesia è frutto, ancora una volta, la Prefazione (che ha il titolo Una tentazione metanarrativa pacatamente inquieta: qui il testo per esteso), non è sfuggito il senso unitario di questo Viaggio e difatti parla «dell’ombra di “un romanzo in versi” che recalcitra a farsi addomesticare». Ma non gli sono sfuggiti neanche «certi estri diciamo pure “smodati”» rispetto alla mia «norma consueta». Anzi si capisce che sono i momenti del libro che più gli piacciono. In questi «estri» Lunetta vede «effetti metonimici decisamente interessanti, piccoli strappi inattesi in un tessuto di flemma compatta – come un allegro che rompa il tempo dell’adagio».
Con la sua straordinaria maestria di critico che molto ha letto e molto ha scritto, Lunetta ha colto perfettamente il rapporto che io stesso ho avvertito tra il “viaggio”, che procede – in me e fuori di me – con la sicura e metodica lentezza di un treno regionale, e le sue tappe, ognuna delle quali è, più che una sosta, uno squarcio, un’avventura, oppure – certe volte – ancora un irretimento.Pubblicato da Manni con l’attenzione ai particolari e con quella vera e propria “estetica tipografica” che sono proprie di questo editore, Viaggio all’osteria della terra si compone di poesie scritte tra il 2007 e il 2011, raccolte in quattro sezioni: Porto di giorni, dedicata in prevalenza al mio rapporto con il mare e con l’isola di Favignana (uno scorcio della quale appare nella copertina); Le vie amiche, nella quale tornano le visioni delle città che ho visitato e dei luoghi dove vivo; Papaveri e papere, dialoghi con le – o pensieri sulle – piante che incontro da qualche parte o che faccio crescere vicino a me; La giostra, l’ultima sezione, nella quale metto a nudo il mio essere uomo dentro il tempo e su questa terra, una terra dove coltivo i miei sentimenti con cura non minore di quella che dedico alle piante.Il libro è uscito nella primavera del 2012. È stato presentato a Torino, al Salone del Libro, da Giorgio Bárberi Squarotti e Cinzia Burzio.
Non credo che siano necessarie altre parole per descrivere un libro che invece ne contiene molte. Perché è un libro che mi è cresciuto tra le mani mentre lo scrivevo, anzi, a causa della necessità che avevo di scriverlo.A Mario Lunetta, della cui cortesia è frutto, ancora una volta, la Prefazione (che ha il titolo Una tentazione metanarrativa pacatamente inquieta: qui il testo per esteso), non è sfuggito il senso unitario di questo Viaggio e difatti parla «dell’ombra di “un romanzo in versi” che recalcitra a farsi addomesticare». Ma non gli sono sfuggiti neanche «certi estri diciamo pure “smodati”» rispetto alla mia «norma consueta». Anzi si capisce che sono i momenti del libro che più gli piacciono. In questi «estri» Lunetta vede «effetti metonimici decisamente interessanti, piccoli strappi inattesi in un tessuto di flemma compatta – come un allegro che rompa il tempo dell’adagio».
Con la sua straordinaria maestria di critico che molto ha letto e molto ha scritto, Lunetta ha colto perfettamente il rapporto che io stesso ho avvertito tra il “viaggio”, che procede – in me e fuori di me – con la sicura e metodica lentezza di un treno regionale, e le sue tappe, ognuna delle quali è, più che una sosta, uno squarcio, un’avventura, oppure – certe volte – ancora un irretimento.Pubblicato da Manni con l’attenzione ai particolari e con quella vera e propria “estetica tipografica” che sono proprie di questo editore, Viaggio all’osteria della terra si compone di poesie scritte tra il 2007 e il 2011, raccolte in quattro sezioni: Porto di giorni, dedicata in prevalenza al mio rapporto con il mare e con l’isola di Favignana (uno scorcio della quale appare nella copertina); Le vie amiche, nella quale tornano le visioni delle città che ho visitato e dei luoghi dove vivo; Papaveri e papere, dialoghi con le – o pensieri sulle – piante che incontro da qualche parte o che faccio crescere vicino a me; La giostra, l’ultima sezione, nella quale metto a nudo il mio essere uomo dentro il tempo e su questa terra, una terra dove coltivo i miei sentimenti con cura non minore di quella che dedico alle piante.Il libro è uscito nella primavera del 2012. È stato presentato a Torino, al Salone del Libro, da Giorgio Bárberi Squarotti e Cinzia Burzio.