Mario Lunetta: La forma dell’Italia

Un poema di idee

Questi versi sono un processo, un viaggio e una visione […].
È un «poema da compiere» […] non finito, non finibile, come l’orrore che viviamo.
Il filo principale è quello del percorrimento della penisola, il compendio storico-geografico della catastrofe definitiva […].
Non si può aver compreso il testo e non fare nulla.
La poesia ci chiama in causa, il testo ci cita come testi.
(Dalla Prefazione di Francesco Muzzioli)

In un momento nel quale si sente esaltare la virtù di un «utilizzatore finale» contrapposta al vizio (e al possibile reato) di un inevitabile e speculare ‘avviatore iniziale’ (sarà giusto chiamarlo così?), leggere La forma dell’Italia è come cambiare paese: una sensazione al tempo stesso di esilio e di diverso punto di osservazione, quindi di prospettiva radicalmente diversa da quella alla quale, purtroppo, siamo abituati. Quale italiano onesto non ha pensato, in questi tempi, di “andare in esilio”, di starsene per un po’ lontano da questo paese per respirare un’aria diversa? E, se poi non lo ha fatto, questo si deve proprio al suo essere un italiano onesto. D’altro canto, è la stessa dedica del libro di Lunetta («alla memoria di mio padre Vincenzo e di mia madre Carolina, italiani onesti») a suggerirci questa prospettiva.
«E Foscolo, l’Ugone Niccolò dice soltanto / (Lettera apologetica) “Quanto all’Italia d’oggi, / a me pare fatta cadavere” – nient’altro. // Questa è la forma dell’Italia nelle ore / che stiamo vivendo come passeri strozzati». Se non ce lo dicesse la data posta a suggello del poemetto («Roma e altrove, 2007-2008») e se non ne avessimo già letto ampie anticipazioni circa un anno fa, La forma dell’Italia potrebbe sembrarci un instant book.
Ma, anche attraverso l’esplicita citazione foscoliana posta quasi a conclusione del libro, l’autore, a ogni buon conto, ci avverte che non è così. Dunque non è solo una questione di date, ma è, direi, il carattere originario di questo libro. Il poema di Lunetta è, infatti, un poema di idee e non di fatti. E, in quanto di idee, non può adattarsi a essere di attualità, ma, semmai, d’occasione nel senso più alto che questa espressione ha assunto da quando che Goethe ha definito tutta la sua poesia come «poesia d’occasione». A questo si aggiunga il fatto che queste idee hanno il peso – e lo spessore – di una lunga storia personale e di una lunga storia del pensiero. Pensiero civile, si diceva una volta e si aggiungeva: da Dante al Foscolo.

Ecco il testo completo della mia recensione.

La letteratura italiana nell’orizzonte europeo

Usciti nel 1993, i due volumi de La letteratura italiana nell’orizzonte europeo, destinati in particolare alla scuola secondaria di secondo grado, hanno avuto una risonanza inusuale per un libro scolastico, fino a ricevere una recensione (per la verità ambigua, ma firmata niente meno che da Pierluigi Battista) sulla prima pagina di “Tuttolibri”.
In realtà, hanno avuto una discreta fortuna in ambito scolastico, ma ne hanno avuta una maggiore in ambito universitario, con numerose adozioni anche (forse soprattutto) all’estero, in particolare nelle università degli Stati Uniti.

Dall’Introduzione degli autori

È noto che Eugenio Montale, nel discorso tenuto a Stoccolma nel 1975 per il conferimento del premio Nobel, definì la poesia un «prodotto assolutamente inutile, ma quasi mai nocivo». E non si può negare che, soprattutto se ci si colloca nella prospettiva del lettore disinteressato (che non sia un critico, che non sia un intellettuale, che non sia egli stesso un autore), i caratteri attribuiti dal poeta genovese alla poesia si possono considerare propri dell’intero mondo delle lettere. Il fatto è però che la storia dell’umanità e – per quel che ci riguarda – quella della nostra penisola stanno lì a dimostrare che, a differenza di tanti prodotti «utili», le lettere, pur se hanno avuto alti e bassi di qualità, non hanno quasi mai conosciuto «crisi di produzione» né «cessazione di attività» ; neppure in epoche storiche durante le quali la costruzione di un «libro» – su cartapecora, su carta di papiro, su lamine o tavolette dei più svariati materiali –, la sua duplicazione e la sua diffusione dovevano fare i conti con enormi difficoltà tecniche. Ma, allora, perché darsi tanto da fare per un «prodotto assolutamente inutile»?
Qui sta il punto: proprio la loro inutile godibilità colloca le lettere tra quegli aspetti dell’esistenza umana che – in una graduatoria discendente dall’amore fino alla partita di pallone – sono in grado di trasformare l’attraversamento di una «valle di lacrime» in un piacevole soggiorno.

Preleva il testo integrale dell’introduzione

2009: il 29 gennaio alle “Giubbe rosse” di Firenze

Il Caffè delle “Giubbe rosse”, a Firenze, è uno dei luoghi mitici della letteratura e, in particolare, della poesia degli ultimi cento anni. Essere lì a leggere i miei versi al pubblico seduto ai tavolini della della parte interna della sala, davanti al pannello di vetro i cui colori danno una particolare caldissima tonalità alla poca luce diffusa, è stata un’emozione profonda.

Qualche mese prima avevo ricevuto con grande gioia l’invito di Massimo Mori, poeta e critico, responsabile degli “Incontri letterari” del caffè fiorentino. Ma Massimo ha fatto ben più che inviarmi un invito. A conclusione della serata del 29 ha svolto, in pochi minuti, un’analisi de La mente irretita, dei suoi luoghi, dei suoi ritmi, dei suoi chiodi fissi, che ha costituito per tutti i presenti una sintesi perfetta con la quale uscire dal caffè e ricordarsi del libro.

Da sinistra a destra, Cosma Siani, MT, Daniele Barca e Massimo Mori

La presentazione è stata svolta con una intervista di Daniele Barca – che ha costituito il filo rosso della serata – durante la quale io ho fatto alcune letture e Cosma Siani ha sviluppato interventi critici sempre puntuali e rigorosi, sia nell’analisi interna delle poesie, sia in quella degli echi della poesia novecentesca e non solo. Tra il pubblico, devo citare la presenza della poetessa Liliana Ugolini.

Daniele Barca è filologo e si occupa di comunicazione (soprattutto per la didattica). Cosma Siani, docente di «Lingua e traduzione inglese» all’Università di Cassino, è un critico molto attento agli sviluppi della poesia contemporanea, in particolare anglo-americana; oltre a numerosi saggi, ha scritto recensioni e critiche per “L’Indice”, per “Poesia” e per molte riviste letterarie non solo italiane.

2008: il 20 ottobre a Basilea

Luigi Catalano ha presentato la mia lettura

La “Settimana della lingua italiana nel mondo” si è svolta quest’anno dal 20 al 26 ottobre e ha avuto come tema conduttore “L’italiano in piazza”. Il Consolato italiano di Basilea mi ha invitato ad aprire la serata inaugurale della settimana, il 20 ottobre, con una lettura dal titolo Piazze di città, piazze della mente.

L’invito è nato dall’interesse dell’addetto culturale, la professoressa Giuseppina Ruggieri, per il modo in cui in alcune poesie de La mente irretita viene affrontato il tema della piazza. La piazza rosa (di cui trascrivo il testo qui sotto) è una delle poesie di questo libro che ha maggiormente interessato i lettori.
Certo, arrivo buon ultimo – ne sono perfettamente consapevole – ad affrontare questo tema. Lo hanno fatto prima di me poeti talmente illustri che non oso citare il loro nome qui, accanto al mio.
La piazza è, in ogni città, un luogo particolare: che sia una vecchia darsena affacciata sul mare o si apra davanti a una chiesa o davanti a un palazzo civile, raccoglie sempre uno straordinario affollarsi di orme e di prospettive di vita. E io ho guardato, più che i monumenti, queste orme e queste prospettive, appunto.

Il titolo della lettura, Piazze di città, piazze della mente, deriva proprio dal fatto che a questa idea delle “piazze di città” si può accostare un modo di pensare, o meglio, un modo di incontrarsi con gli altri per fermare, per documentare nella conversazione il proprio pensiero. Insomma, il potere dei luoghi  vissuti e il potere della parola detta e ascoltata.

Michele Tortorici, La piazza rosa (da: La mente irretita, Manni, 2008)


Nella piazza rosa attraversata
dal suono di una piccola band con il suo jazz
d’annata che si spande
e suscita ogni tanto brevi applausi
filtrano pochi raggi che la fanno
infinita e le pietre grezze lentamente
si accendono di universi che non vedi.

Angeli affaticati vestono forse forme
d’uomini e non sai
riconoscere il divino e l’umano che il selciato
umido trattiene disegnando
orme d’ansia, impronte
di un comune vagare senza meta
un po’ per gioco, un poco
per cercare ombre di senso mentre imbrunisce
il rosa e si fa buio
e la notte incomincia e sai che deve
durare ancora, fare
vivere nuovi angeli e insieme vecchi
demoni fino alla fine che non giunge
aspettata mai e si improvvisa nuovo giorno.

Sono dunque sensi umani
– mani, braccia, sudori
sonno, stanchezza, desiderio –
tracce di quel divino che la piazza
rosa accoglie e dimentica e trascorre
tra suoni e colori nel momento che le pietre
grezze imbeve e riconosce
già sentite tormentate eccitazioni. Sono
dunque sensi umani – miei sensi, sensi di altri,
sguardi, passi – confini vivi
misure delle cose. Sono, siamo
un universo che ci fa
vivere tutti i giorni come uomini.


2008: il 6 ottobre a Velletri

A Velletri La mente irretita è stata presentata, nella Sala Micara, Filippo Ferrara e Sara Gilotta. Insieme a me, ha letto le poesie Patrizia Audino. Filippo Ferrara da sempre anima con le sue iniziative instancabili la cultura di Velletri. Sara Gilotta, insegnante di lettere al classico, ha il dono di cogliere in quello che legge tutto ciò che può far vibrare la mente e il cuore: lo fa tutti i giorni con i suoi studenti e lo fa spesso, con delicata sensibilità, per gli amici.

Velletri è la città dove ho scelto di vivere ormai più di venti anni fa. Ha la giusta distanza dalla grande città e la giusta vicinanza – direi il giusto sguardo – verso il mare. Come gli altri Castelli romani, Velletri ha infatti le colline che digradano al mare tra ovest e sud e risplendono così, per gran parte del giorno, dei suoi riverberi. Sono colline di vigneti e uliveti, ma anche di agrumi e di orti; fitte di case (troppe?) che accompagnano lo sguardo fino alle città della costa, Anzio e Nettuno. Più a sud è il Circeo a farla da padrone, a spuntare, non sai se promontorio o isola, a volte da una foschia azzurra a volte da un brillio d’aria asciutta, o che si asciuga dopo i temporali. In questo caso, puoi star certo che, se alzi lo sguardo, vedi anche le isole Pontine, quasi sfacciate a mostrarsi.

2008: il 23 settembre alla libreria Odradek di Roma

Il 23 settembre presentazione de La mente irretita da Odradek, a Roma, in via dei Banchi vecchi.
Odradek è ancora una di quelle poche librerie dove si può entrare per chiedere un consiglio – e per averlo – quasi su qualsiasi genere di lettura. È Davide Vender che risponde sempre con gentilezza e competenza d’altri tempi: ma non è un vecchio libraio, è invece un giovane che quasi ogni giorno fa della sua libreria la sede di un dibattito, di una presentazione, di una mostra.
D’altro canto, presentare un libro da Davide è come farlo a casa propria, con la stessa confidenza, con lo stesso “sentirsi bene” in mezzo ad amici, anche se magari non hai mai visto quelli del pubblico.

A presentarmi a Roma è stato Mario Lunetta, quello che io chiamo il mio “scopritore” sia perché ha avuto la pazienza di leggere i testi che, come aspirante poeta esordiente di sessant’anni, gli avevo mandato sia perché ha poi continuato a seguire questo mio singolare esordio con una attenzione, una amicizia e una sensibilità critica che gli fanno onore, se ancora per lui ce ne fosse bisogno.

2008: il 19 settembre a Bologna

Il 19 settembre a Bologna, alle 16.45, nella sala Blu del Palazzo dei Congressi, presentazione de La mente irretita a cura di Daniele Barca, con l’organizzazione di Vanna Monducci. Letture di Enrico Vagnini, accompagnato alla viola da Anna Maria Gallingani

Enrico Vagnini e Anna Maria Gallingani hanno reralizzato, sui testi delle mie poesie, una vera e propria pièce teatrale per voce e viola di grande suggestione. Daniele Barca mi ha intervistato per aprire e chiudere la pièce.

2008: il 19 agosto a Favignana

Fabrizio Corleone e Gios Strazzera (qui a sinistra, con me, nella foto), con l’assessore alla cultura del Comune, Maria Guccione, presentano La mente irretita a Favignana il 19 agosto 2008

Favignana, è l’isola della quale nelle poesie de La mente irretita non faccio mai il nome, ma che ispira l’intera prima sezione del libro, La vita dell’isola, appunto. Si trova nell’arcipelago delle Egadi. È l’isola della mia famiglia e dei miei avi paterni, almeno fino a che li conosco.