Pasqua, di Jill Alexander Essbaum

Di solito si celebra la Pasqua con poesie tradizionali. Oppure, più di recente, si è diffusa nel web a questo scopo una una poesia di Pascoli, Gesù, tratta dal Piccolo vangelo. Questa raccolta, rimasta incompiuta, fu pubblicata da Maria Pascoli, la sorella del poeta, nella prima edizione delle Poesie varie proprio un secolo fa, nel maggio del 1912, quindi poco più di un mese dopo la scomparsa di Giovanni, avvenuta il 6 aprile di quell’anno, sabato santo. Tornerò sul Piccolo vangelo (quest’anno è pur sempre il centenario della morte di questo grande poeta e, come ho appena ricordato, proprio della pubblicazione di questa singolare raccolta pascoliana), ma oggi voglio presentare un testo decisamente più originale, forse addirittura sconosciuto in Italia, di Jill Alexander Essbaum.

Nata nel 1971 a Bay City (Texas), Jill Alexander Essbaum è una poetessa che unisce nei suoi versi una intensa carica di erotismo e una forte – a volte si direbbe lancinante – tensione religiosa. Easter (Pasqua), la poesia che voglio presentare oggi (qui il testo originale), pubblicata nel fascicolo di gennaio 2011 del “Poetry Magazine”, è uno straordinario esempio di come questa duplicità di ispirazione sia in realtà costituita da un’unica, alacre volontà di confrontarsi con l’assoluto. La stanza di Jill Alexander Essbaum, la stanza che la chiude e la fa sentire sola, non è serrata da una porta qualsiasi, ma dalla stessa lastra di marmo caduta giù dalla tomba dalla quale Cristo è risorto.
Si tratta di un’immagine potente e sconvolgente. Ma anche di un modo severo, anzi inflessibile, di dichiarare la propria umanità, una umanità che, mentre – e proprio perché – aspira all’assoluto, si trova a fare i conti con le proprie porte chiuse: nel caso della nostra poetessa, con una capacità di amare e di essere amata che finisce nel momento stesso in cui si realizza.

Jill Alexander Essbaum, Easter
Traduzione di Michele Tortorici, Pasqua


è la mia stagione
di sconfitta.

Anche se tutto
è verde

e la morte
è trascorsa,

mi sento sola.
Come se la pietra

rotolata giù
dal vertice

della tomba
si fosse incassata

nel telaio della porta
della mia stanza,

e chiunque
io abbia mai amato

viva felicemente
soltanto dopo

che io ho potuto averlo.
E ogni volta

che Gesù risorge
mi viene in mente

questo marmo
infatti:

nessuno di loro
torna indietro.