Vicino al faro … mezza tonnellata di catrame

Tra le mie poesie molte sono dedicate all’isola di Favignana, che si trova nell’arcipelago delle Egadi. È il luogo d’origine della mia famiglia e tutti gli anni, ad agosto, vi trascorro un mese. In quel mese la attraverso a piedi o in bicicletta svariate volte (l’isola è molto piccola), percorro a nuoto per chilometri il mare lungo le sue coste e non trascuro, nelle ore più fresche, un piccolo pezzo di terra che ospita ormai, grazie ai miei sforzi, una ombrosa e profumata macchia mediterranea. Nei miei libri di versi il nome di Favignana non compare: per me è «l’isola» per antonomasia. Per amarci, nessuno dei due ha bisogno di nominare l’altro.

Molti tratti di costa dell’isola sono veri gioielli. Tra questi, è particolarmente suggestivo un lungo tratto che si trova tra il faro di Punta Sottile e il faraglione e che guarda, come per un desiderio d’amore, l’isola di Marettimo, dietro alla quale d’estate tramonta il sole. Qui la scogliera è bassa e vasta e in alcune parti è coperta da una sabbia rosata costituita da infiniti minuscoli frammenti di conchiglie: una sabbia grossa e anche profumata perché questi frammenti, nel loro trasformarsi, hanno acquisito una certa porosità e riescono a trattenere l’odore del mare come le conchiglie più grandi fanno con il rumore dell’onda.

Una trentina di anni fa, forse più, la sabbia è stata in parte utilizzata come materiale di costruzione: un crimine. E il mare ha dovuto poi faticare non poco, aiutato da qualche tempesta di maestrale, per riparare ai danni di quel crimine e colmare nuovamente di preziosi granelli rosati quella costiera. Qualche giorno fa un crimine diverso, ma non meno grave, è stato commesso dal comandante di una petroliera (quale? per ora non è dato saperlo) che ha fatto svuotare i serbatoi proprio lì davanti e ha sversato in mare mezza tonnellata di catrame ora depositato sulle rocce e sulla sabbia.

Il risultato è quello che vedete in questa foto (di Maria Emanuela Ingoglia, da “La Repubblica” di Palermo del 14 gennaio). Le istituzioni – protezione civile e assessorato all’Ambiente del Comune – hanno provveduto a raccogliere una parte del catrame. Nei prossimi giorni gruppi di volontari cercheranno pazientemente di ripulire ancora meglio (ma ripulire del tutto sarà impossibile) quello splendido tratto di costa. A loro, per ringraziarli di quello che fanno per l’isola che amo – anzi, posso dire: che amiamo -, voglio dedicare i versi della mia poesia Vicino al faro, tratta dalla raccolta La mente irretita. Il «faro» del quale si parla nel titolo è infatti proprio quello di Punta Sottile e i «bassi scogli» di cui si parla nel testo sono quelli oggi coperti di catrame.

Michele Tortorici, Vicino al faro (da La mente irretita, Manni, 2008)


Non c’è giorno che il vento, anche solo
una brezza leggera, non penetri negli incavi di questi
muri fatti di pietre secche: labirinti
di nulla dove si confondono
sali di mare e di terra. Non riesci
a capire come l’aria, nell’immenso
cammino che compie sotto il cielo, possa
incidere ricami
così fini sulle schegge d’arenaria scabre con il suo
inanellare danze sull’isola arsa là dove
fatiche pazienti hanno posato – nessuno ormai
saprebbe dire in quale tempo – questi
muri fatti di pietre secche.

Vicino al faro si apre in bassi scogli la distesa
riva. Un’altra
isola a occidente segna appena
una pausa dello sguardo, ma al vento
sottrae soltanto una rada nascosta con poche
barche ignare. Al di là non sapresti se volere
cercare altre isole ancora o altri mari: altro da questi
muri fatti di pietre secche, rimasti – nessuno ormai
saprebbe dire da quanto tempo – a chiudere
ombre e a dare riparo a qualche piccolo rettile pronto
a guizzare via, ingannati
dal vento che li accarezza mentre li consuma; altro da te
come la provvisoria, ma nuova
– e profonda –, conoscenza che investe
qui l’animo con raffiche
ineguali e passa: intanto senti che trasforma
ciò che sei, ciò che pensi.

Vicino al faro la sera, mentre cala, ti depone
un velo di acqua salata sulla pelle, ti fa
animale marino, ti unisce
a ciò che poco prima per un attimo
ha attraversato la tua mente, mischia
te profondamente al libero
divenire di ogni cosa e ti dà senso.